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Stoner: "Marquez si sentiva minacciato da me"

Casey spiega così il suo scarso utilizzo da parte della Honda. E ad Austin si sentiva pronto a lottare con i migliori

Casey Stoner e Marc Marquez

Foto di: Repsol Media

Casey Stoner prova la Honda MotoGP
Casey Stoner prova la Honda MotoGP
Casey Stoner, Marc Marquez e Mark Webber
Casey Stoner e Marc Marquez
Casey Stoner, Ducati Marlboro Team
Casey Stoner, Ducati Marlboro Team
Dani Pedrosa, Repsol Honda Team
Dani Pedrosa, Repsol Honda Team

Casey Stoner sembra davvero impaziente di iniziare la sua seconda avventura in Ducati, dopo quella che nel 2007 lo aveva portato ad essere l'unico campione del mondo della MotoGP della storia della Casa di Borgo Panigale. Un ritorno al passato arrivato per ora solo nelle vesti di collaudatore e testimonial, dopo una parentesi di cinque anni alla Honda, che gli è fruttata un secondo titolo iridato, ma anche una separazione non proprio felice dalla factory giapponese, per la quale ha continuato a vestire i panni di collaudatore dopo aver appeso il casco al chiodo a fine 2012.

Secondo lui, infatti, la HRC lo avrebbe potuto sfruttare maggiormente e in un'intervista rilasciata a Motosprint non ha avuto problemi ad ammettere che secondo lui a limitare il suo impiego sia stato Marc Marquez: "E' una situazione diversa. Alla Honda ero solo un tester occasionale, non ho mai avuto alcun altro ruolo. Se devo dire la verità, credo che non sia siano mai avvantaggiati con il mio potenziale. Penso che Marquez ed il suo entourage si sentissero minacciati da me. Non so cosa pensasse realmente però, questa è una mia sensazione".

Casey si aspettava di essere sfruttato maggiormente, anche se ci tiene a precisare di aver lasciato la Honda senza rancore, soprattutto verso il vice-presidente HRC Shuhei Nakamoto: "Ero alla Honda per fare qualche test, per provare nuove cose che poi avrebbero dovuto essere trasferite ai piloti ufficiali, quindi ero lì per aiutare Marc. Ma è anche vero che quello che devono seguire tutti è il pilota numero 1. In ogni caso non ho nessun rancore contro la Honda ed ho un grande rispetto per Nakamoto. La nostra relazione non si è deteriorata per questo e proseguirà bene".

Se proprio c'è qualcosa che non gli è andato giù, è la wild card negata ad Austin, quando si era offerto di sostituire l'infortunato Dani Pedrosa. Pur senza fare nomi, sembra rimandare a quanto già detto in precedenza: "Mi sentivo pronto per Austin, ma Nakamoto si è scusato e mi ha detto che si prendeva la responsabilità di optare per una soluzione diversa. A quel punto ho pensato che qualcuno gli avesse messo pressione per non farmi correre. Qualcuno non voleva vedermi correre".

Anche perché i tempi che aveva fatto nei test di Sepang nei test invernali erano in linea con quelli che poi sono stati fatti in gara da chi ha vinto il GP: "Sapevo di essere abbastanza veloce per provare a sostituire Pedrosa in maniera adeguata. Durante i test di Sepang, in febbraio, ho girato su un ritmo molto simile a quello della gara, quindi credo che sarei potuto rimanere con i leader. Sostanzialmente avevo il passo di Dani, che poi ha vinto la gara".

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