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Roma: "Il numero 300 è una bella responsabilità"

Il vincitore della passata edizione della Dakar sarà il pilota di punta della Mini anche nel 2015

Roma:

Joan Roma, detto Nani , 42 anni, ha cominciato la sua carriera sportiva, giocando a calcio, da bambino, e poi ha scoperto la moto. Motocross dapprima, poi enduro e rally fino ad approdare alla Dakar, nel 1996, ovviamente su una due ruote. Vince la Dakar in moto, con la KTM nel 2004 e dieci anni dopo si ripete nelle 4 ruote, vincendo al volante di una Mini X-Raid.

A gennaio partirà per la sua 19esima Dakar: "Una gara come la Dakar non si vince senza un grosso team accanto e attorno a te – spiega il catalano – Questo vale per qualsiasi disciplina dello sport motoristico, ma soprattutto in una gara come la Dakar. Nelle mie due vittorie il supporto della squadra, del team, è sempre stato molto importante".

Dopo fasi alterne nella sua carriera con le 4 ruote, Roma è approdato alla X-Raid per la prima volta con la BMW, nel 2009, poi dopo alti e bassi ha messo le mani sul volante della Mini nel 2012 e da allora ha collezionato un secondo posto, un quarto e infine la vittoria nel 2014 in quella che resta la gara più importante di tutte. "Il numero 300 sulla portiera è molto bello, mi piace, ma nello stesso tempo è una bella responsabilità. Ho sempre sognato, come tutti, di guadagnarmi quel numero sulla porta della mia macchina ed averlo oggi, al via della prossima Dakar, è una grande soddisfazione".

Ma poi snocciola tutte le incognite di una gara difficile come la Dakar: "L'altitudine è la prima delle difficoltà, ci siamo allenati con il mio copilota (Michel Perin) a lavorare in altitudine, dormendo in tenda a 3.000 metri in questi ultimi mesi anche per un paio di giorni. In auto non si può trasportare ossigeno e se ti capita di dover cambiare una gomma o di fare uno sforzo a 3.000 metri di altezza, o anche di più, devi riuscire a recuperare senza la bombola di ossigeno, ecco perchè ci alleniamo tanto, anche nelle camere iperbariche. E poi c'è il gran caldo, che in Africa per esempio non c'era, e i percorsi...in Sud America ogni giorno anche nella stessa speciale i terreni sono diversi fra loro. Le speciali forse sono più corte, è vero, ma in compenso sono più veloci e ormai la Dakar è diventata come una gara del WRC, con distacchi di pochi secondi fra una posizione e l'altra in classifica. Da non dimenticare poi i cambiamenti repentini di temperatura nella stessa giornata, puoi partire con 40 gradi, poi trovare pioggia e ritrovarti a 15 gradi, se non addirittura a zero gradi nella notte".

Per fortuna che sulla Mini è stata montata l'aria condizionata e molti ricordano la Dakar 2014 quando proprio a Nani si ruppe l'impianto e l'equipaggio rischiò la disidratazione per il tanto caldo, arrivando sfinito al bivacco a fine tappa: "Abbiamo una bocchetta che ci soffia aria fresca in faccia e sulla parte alta del corpo, ma nella zona bassa, sui piedi, in realtà non abbiamo fuoriuscite d'aria e in certi giorni si raggiungono anche temperature di 65° sulle gambe".

Degli avversari parla poco, concentrandosi più sulla Toyota che sulla Peugeot, che pur essendo un team fortissimo avrà bisogno di un po' di rodaggio, e poi aggiunge "L'avversario numero uno in una Dakar sei te stesso, e quindi Nani Roma e Michel Perin, il mio navigatore" e questo la dice lunghissima su questa competizione che è prima di tutto una sfida mentale e fisica con se stessi.

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