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Supertest: Leon Cup Racer una bomba da 330 cv!

Abbiamo provato a Castellolì la Seat che sarà protagonista nel CITE 2014 con un monomarca

Il quartier generale della Seat si trova a Martorell, in un grande polo industriale che si è insediato alle spalle di Barcellona. Ad un tiro di schioppo c’è il Parcmotor di Castellolì, un bell’autodromo di oltre quattro chilometri, disegnato in una ex cava da tre centauri come Alex Criville, Carlos Checa e Toni Elias. Non è un impianto omologato per le corse, ma è splendido per i test con una serie di saliscendi naturali e curvoni veloci da brivido. L’ideale per provare la Leon Cup Racer, il prototipo che la Casa spagnola ci ha messo a disposizione, scegliendo OmniCorse.it come unica testata web invitata al test. Nel paddock troviamo Jaime Puig, responsabile delle attività sportive: ad accoglierci troviamo anche una Seat Leon WTCC e il box è allestito come se fossimo ad una gara del mondiale turismo. Insomma, il contesto è quanto di più professionale ci si possa aspettare da un marchio che ha una voglia pazza di tornare ufficialmente alle corse, ma che vuole agire per gradi, secondo una politica che è stata ben programmata. STILE AGGRESSIVO L’aspetto della Leon Cup Racer, infatti, è quello di una vettura pensata per il WTCC. L’aspetto molto grintoso, i parafanghi allargati, lo splitter anteriore e il generoso alettone posteriore sono i geni di un DNA con una matrice ben definita, in linea con le regole che entreranno in vigore nel mondiale turismo dal 2014. Ma come abbiamo detto, non bisogna precorrere i tempi. Questo gioiello, allora, ha come obiettivo iniziale di soddisfare i propri clienti sportivi nell’ETCC e nel campionato tedesco VLN e cercherà fortuna da noi dando vita ad un monomarca nel CITE (Campionato Italiano Velocità Endurance) con una presenza, per cominciare, di 10-12 vetture. SCOCCA PIU’ RIGIDA E LEGGERA A Peter Wyhinny, appassionato direttore di Seat Italia, brillano gli occhi, perché la Leon Cup Racer vuole essere il biglietto da visita con il quale la Casa di Martorell afferma un grande salto di qualità del suo prodotto, perfettamente in linea con gli standard produttivi del Gruppo VW che ha rinnovato quattro vetture in un colpo (Seat Leon, Vw Golf 7, Audi A3 e Skoda Octavia). Con la vecchia Leon Supercopa rimane solo un cordone ombelicale, perché la progettazione della Cup Racer ha beneficiato del nuovo pianale riservato alla piattaforma Mqb. La scocca di serie, quindi, nasce già più rigida ma anche più leggera, oltre che con una passo di 2.666 mm (maggiorato di 72 mm) e carreggiate allargate: insomma, l’ideale per le corse. E’ ANCORA UN PROTOTIPO La Leon Cup Racer si è vista per la prima volta a Goodwood con Jordi Gené. Dopo il debutto estivo, ha fatto una sua apparizione a Monza, proprio in occasione della chiusura del CITE (campionato vinto da Giancarlo Busnelli con la Seat Leon Cupra) e ora siamo fra i primi ad averla potuta saggiare in pista. Trattandosi di un esemplare unico in via di sviluppo, vi possiamo dire che il telaio e gli interni sono stati deliberati, mentre i tecnici di Seat Sport sono al lavoro su sospensioni e motore. “Siamo al 70% dello sviluppo – ammette Jaime Puig, con orgoglio – la macchina ha già le dimensioni di una WTCC, ma abbiamo cercato di mantenere quanti più pezzi di serie è possibile per garantire un prezzo d’accesso competitivo per i clienti sportivi: partire da una base di 70 mila euro per una vera macchina da corsa credo che sia eccellente”. ROLL BAR A GABBIA INTEGRATO Lo stile è accattivante, frutto anche di un inizio di lavoro in galleria del vento, ma non c’è solo scena, visto che c’è molta sostanza. Basta entrare nell’abitacolo per capire che si è fatto davvero sul serio. Il roll-bar a gabbia è un secondo telaio integrato alla scocca. Serve a garantire la cellula di sopravvivenza del pilota, ma è indubbio che l’intreccio dei tubi è stato pensato per scaricare in modo equilibrato le forze e assicurare una maggiore rigidità torsionale. UNA “CULLA” PER IL PILOTA Il sedile OMP è posizionato molto indietro: il pilota, infatti, è sistemato al centro della vettura per facilitare una migliore distribuzione dei pesi. Il piantone delle sterzo è stato adeguatamente allungato e protetto da una struttura in carbonio, ma è regolabile in profondità e altezza. Scegliamo una posizione raccolta. La pedaliera AP Racing è avanzata: i pedali sono perfettamente allineati con il poggiapiedi sinistro. C’è un accurato studio ergonomico per limitare al massimo i movimenti. Il pedale del freno troneggia al centro: è quasi il doppio di quello di frizione e acceleratore. Pensato anche per chi vuole frenare con il piede sinistro. Il volante ha un diametro proporzionato allo sforzo (è limitato per l’ottimo servosterzo elettrico: è tachisensibile, non si alleggerisce al crescere della velocità) e dispone di sette pulsanti facilmente raggiungibili con i pollici, senza dover togliere le mani dalla corona e tre manettini graduati. CRUSCOTTO DIGITALE A COLORI Dietro al volante c’è un bellissimo cruscotto digitale in alta definizione a colori della Aim Sportline: oltre al contagiri centrale dove è anche indicata la marcia inserita, c’è sulla destra un display con il cronometro, il contagiri e il tachimetro digitale e le spie di allarme di acqua e olio, oltre alla utile piantina della pista. La consolle centrale è una struttura in composito dove troneggia la leva del cambio sequenziale. La messa in moto è a pulsante e ci sono gli interruttori della pompa di iniezione e dell’estintore. Alzando lo sguardo si scopre che anche la visibilità laterale è eccellente: non c’è il solito angolo cieco tipico delle vetture S2000. I tubi del roll-bar si allineano al montante del tetto per cui si ha il pieno controllo di quanto accade attorno. Insomma, si ha subito la sensazione di sentirsi protetti dentro alla “culla”. MOTORE DA 330 CAVALLI Il suono del 4 cilindri turbo 2.0 TFSI promette un gran bene: schiacciamo la frizione, inseriamo la prima tirando la leva e ci muoviamo senza dover giocare troppo con l’acceleratore. La partenza, quindi, è piuttosto elementare: dobbiamo andare piano perché ci sono gli operatori che girano le immagini di camera-car. Il primo giro è utile a imparare la pista a velocità limitata e scoprire le traiettorie di un impianto molto tecnico. E il solo fatto di poter “allungare” lo sguardo cercando già il punto di corda della curva successiva ci dà la percezione che l’approccio della Leon Cup Racer è facile. Ogni cosa è al suo posto, dove deve essere su una macchina da corsa. RAPPORTI TROPPO CORTI La vettura stradale che ci precede si toglie e abbiamo pista libera per tre tornate. La prima curva è a destra in salita: si scopre la progressione del motore a iniezione diretta. Entra in coppia a 4 mila giri e si può tirare fino ad un regime di 7 mila giri. Sembra un… frullatore: quel “furbacchione” di Puig per i giornalisti ha fatto montare dei rapporti corti da 200 km/h sul dritto, mentre si potrebbe arrivare ad una velocità massima di oltre 240 km/h. Bisogna tenerne conto per evitare di andare troppo presto a limitatore. Il propulsore è ancora quello della vecchia Leon Supercopa, ma ad Abrera stanno preparando il TFSI da 330 cavalli. CAMBIO SADEV SEQUENZIALE Il ritardo di risposta del turbo è molto limitato (ma non bisogna scendere a 4 mila giri, altrimenti si resta… piantati!) e l’erogazione della potenza è lineare, non rabbiosa. La sensazione è che il telaio sia già stato studiato per potenze superiori (WTCC). Il primo giro finisce in fretta: serve giusto a capire che nei due tornanti in discesa non serve la seconda, ma è meglio ripartire dalla terza, anche se si va leggermente sotto-coppia. In accelerazione il cambio marcia si effettua tenendo il piede sul gas grazie al cut-off, mentre in scalata è meglio avere rispetto della trasmissione Sadev a sei rapporti aiutandosi con la frizione. NON BISOGNA “SPIGOLARE” Sebbene la giornata sia quasi primaverile le gomme slick fanno fatica ad andare in temperatura: le sospensioni non sono ancora quelle racing (abbiamo detto che si tratta del prototipo), perché i bracci sono quelli di serie, per cui l’assetto non è affatto esasperato negli angoli di camber e nelle altezze. Eppure, nonostante questi vincoli il potenziale sembra molto alto, di una macchina che è nata “bene”: se si percorrono traiettorie rotonde, facendo scorrere la vettura, il divertimento è assicurato. Se, invece, si prova a fare meno strada “spigolando”, la spalla delle gomme diventa il punto critico ed emerge l’inevitabile sottosterzo. Nel primo caso si volta con poco angolo di sterzo, diversamente bisogna agire con delle correzioni che fanno fischiare gli pneumatici. Ma è fin troppo chiaro che non è quello il limite perché ci aspetteremmo che sia il dietro a scappare via nei trasferimenti di carico repentini. L’AERODINAMICA LAVORA BENE L’inserimento a bassa velocità, quindi, può essere certamente migliorato, così come la percorrenza nei curvoni veloci, nei quali la stabilità è perfetta anche grazie all’aerodinamica che non è solo estetica, ma assolve pienamente alla sua funzione con lo splitter che carica l’anteriore e il profilo estrattore che assicura la tenuta del retrotreno insieme all’ala montata a sbalzo del lunotto. FRENI CON PINZE A 6 POMPANTI I freni sono poderosi: l’impianto è senza servofreno per cui bisogna esercitare una grande pressione sul pedale per avere una staccata efficace. I dischi autoventilanti da 362 mm di diametro devono essere portati in temperatura. Se il “calcio” è forte c’è anche il grip immediato, altrimenti bisogna trovare la giusta misura. Ottimo il servosterzo a comando elettrico: la guida della Leon Cup Racer non sembra faticosa e il volante non si alleggerisce al crescere della velocità, per cui si ha sempre la sensazioni di avere in mano le redini del… cavallo. COSTA 70 MILA EURO Tre giri finiscono in fretta: il cartello “in” mostrato sul muretto dei box ci impone di rientrare in pit lane proprio nel momento in cui potremmo sfruttare meglio il grande potenziale della Leon Cup Racer: i gentleman driver che cercano una vettura che offra un buon mix fra i costi accessibili (70 mila euro) e le prestazioni non devono perdere troppo tempo. In Italia, infatti, nella prima gittata arriveranno solo una dozzina di vetture…

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